Search Intent e intenzioni di “Risposta”
by 17 Novembre 2017 6:00 7.2K views5
Ultimo aggiornamento 20 Luglio 2022
La search intent è l’intenzione (l’intento) di ricerca dell’utente che interroga Google scrivendo qualcosa nella search bar. Talvolta non è immediato capire il motivo per cui l’utente medio effettua una ricerca in un certo modo, fosse solo perché a conti fatti quello che definiamo utente medio non esiste. Esistono i trend, esistono le circostanze. Le intenzioni di ricerca dipendono dal rapporto tra individuo e contesto sociale ed emergono socialmente in base a molteplici fattori che via via si fanno più o meno preponderanti.
Perché studiare le search intent?
Per capire cosa inserire in pagina e prima ancora per capire come costruire l’intero sito web. Una query come “cascate del Niagara” è composta da tre parole, ma al suo interno racchiude una vasta serie di domande tra cui:
– Mi fai vedere una foto/video?
– Quanto sono alte?
– Dove sono precisamente?
– Come visitarle
– Che documenti servono?
– Ci sono film o libri ambientati lì?
Probabilmente una o più di queste intenzioni sono alla base della tua ricerca per “cascate del niagara” e uno dei lavori di Google è capire quali documenti web sono i più rilevanti per la maggior parte delle persone che digitano questa query.
Come fa? Principalmente ha tre armi, la prima è la conoscenza di tutte le query di ricerca in qualunque momento, la seconda è il CTR (tasso di click) rispetto ai risultati proposti in serp, la terza è lo studio del comportamento degli utenti sulle pagine web aperte. Questo terzo punto è controverso perché molti SEO sostengono sia impossibile per Google valutare la qualità di un sito web in base ai comportamenti degli utenti rilevati attraverso la navigazione da browser Chrome o sistema operativo Android. La mia visione concorda solo in parte con questo scetticismo, perché se è varo che Google non può avere le risorse per studiare i comportamenti di tutti gli utenti del web, ne ha certamente per fare test isolati su ambiti di ricerca precisi.
Come studiare le search intent?
Comincia semplicemente guardando quali pagine web ottengono i posizionamenti migliori per query che sottendono intenzioni di ricerca diverse. Nota come per ricerche non ambigue come “profumi online” Google tenda a mostrare sempre risultati dello stesso tipo (siti e-commerce), mentre per query che aprono a intenti diversi come “smaltimento amianto“, la serp ci offra un ventaglio di pagine web che affrontano lo stesso argomento in modi diversi (studi universitari, magazine a tema edile, aziende che offrono il servizio di smaltimento etc.). Laddove le search intent sono molteplici, troverai una maggiore variabilità rispetto al tipo di risultati, mentre osserverai una minore variabilità in caso le intenzioni siano poche o solo una in particolare.
Dalle intenzioni di ricerca a quelle di “risposta”
Se la query ha poca variabilità rispetto alle intenzioni di ricerca, allora non hai molta scelta, devi lavorare per aumentare la rilevanza del contenuto obiettivo, quale che sia. Le pratiche in questo caso variano in funzione del segmento di mercato e della tipologia di progetto web. Se invece la variabilità nelle search intent è alta per la tua query di interesse, allora puoi provare a infilarti nella serp sviluppando un argomento che risponde a intenzioni rimaste inevase. A questo scopo i software per la keyword research come Semrush, AnswerThePublic, SEO-Hero, KeywordShitter e altri ancora, possono esserti molto utili perché ti aiutano a cogliere tutte le sfaccettature di una query e il peso per ciascuna di queste.
Perché parlo di intenzioni di risposta?
Talvolta, in condizioni di alta variabilità non è il tipo di contenuto a posizionarsi, ma il tipo di sito web, quindi lo stesso tipo di contenuto può ottenere un posizionamento migliore se ospitato su di un sito web di tipo diverso da quelli già visibili su Google per la stessa query. Addirittura un contenuto peggiore può andare meglio di uno curato, a seconda del sito che lo ospita. Non è questione di backlink o di anzianità, piuttosto Google in base a un principio di semplificazione utile a risparmiare risorse, può decidere ad esempio che per certe query, il sito facente riferimento a un’azienda è a priori più rilevante di un forum o di un blog. A volte hai la percezione che Google funzioni male perché attribuisce un posizionamento migliore a pagine web più scarne e meno curate che si trovano semplicemente nel tipo di sito giusto, quello con cui Google ha intenzione di risponderti. Alla base di questo meccanismo perverso c’è l’incertezza, quella di Google e soprattutto quella TUA.
E se le persone non sapessero cosa stanno cercando?
Secondo me Google attribuisce più valore al contenuto in sé quando gli è più facile capire cosa mostrare agli utenti che fanno ricerche, tuttavia ciò non è sempre immediato nemmeno per il motore di ricerca migliore del mondo, soprattutto se le persone non sanno cosa stanno cercando.
Il suggeritore di Google tenta proprio di orientare la ricerca. È un tool essenziale che intanto serve a Google per minimizzare il numero di query diverse che gli utenti digitano ogni giorno nella barra di ricerca e di conseguenza per salvaguardare le risorse computazionali del Mdr. Tuttavia, nonostante il suggestion tool, può capitare (e capita) che molte ricerche siano effettuate senza avere un’idea chiara di cosa si sta cercando. In questo caso una search intent semplicemente non c’è e Google può non essere in grado di fare il suo lavoro, per forza di cose.
Quando si verificano queste condizioni Google effettua split test di tipo A/B spostando i risultati di ricerca in modo da renderne alcuni più visibili per un certo tempo e poi spostandoli giù in favore di altri per vedere se esistono condizioni in cui il CTR e l’analisi comportamentale (quando possibile) forniscono dati tali da stabilizzare i posizionamenti per uno o più documenti web in particolare.
Ci sono due tipi di serp che si muovono parecchio, quelle che parlano di eventi seguiti o personaggi famosi e quelle per le quali Google non riesce a cogliere intenzioni di ricerca in particolare. Se nel primo caso occorre fondamentalmente stare sulla notizia avendo ben chiaro che i posizionamenti saranno sempre variabili in funzione di quello che succede, nel secondo devi fare in modo di giocartela bene quando arriverà il tuo momento di visibilità.
Tre suggerimenti per cogliere le search intent
A questo scopo ho tre suggerimenti da darti, il primo è fornire agli utenti la migliore esperienza di navigazione possibile, il secondo è chiedergli di lasciarti un’indicazione in particolare su cosa cercano, magari usando un form con una buona call to action che richieda un feedback sul contenuto ed eventualmente il campo per porre una domanda. Lo fa anche Google in fondo ad ogni pagina delle sue guide, ci hai fatto caso? Il terzo suggerimento è non considerare mai chiuso un contenuto, ma riaprirlo a seconda di quello che succede o magari proprio rispetto ai feedback, se avrai la fortuna di riceverli.
In alternativa ti suggerisco di abbracciare il tuo nemico: se Google ha proprio deciso che i siti più rilevanti per una query sono blog slegati da realtà aziendali e tu invece ne hai uno proprio aziendale, invece di sviluppare il contenuto della tua vita sul tuo sito, puoi provare a farlo su uno dei siti web che invece Google ha ritenuto più meritevoli. Invece di pensare a come posizionare il tuo sito, posiziona il tuo messaggio e il tuo brand.
Il posizionamento del sito è una conseguenza di questo lavoro che talvolta prescinde dal lavoro sul sito in sé.