SEO e Analisi Comportamentale
by 27 Ottobre 2017 6:00 5.6K views0
Ultimo aggiornamento 19 Aprile 2024
In che modo Google riesce a determinare le reali intenzioni degli utenti? Ci conosce uno per uno o piuttosto si avvale di dispositivi statistici per aggregare dati? È “probabile” che sia una buona domanda.
Da sempre la psicologia sociale studia i comportamenti che nascono nei gruppi di individui, all’interno dei quali si sviluppano istituzioni e dinamiche dominanti. Il banana experiment che in realtà come esperimento non ha mai avuto luogo, è emblematico sotto questo punto di vista. In pratica alla fine del racconto le scimmie apprendono di non dover cercare di raggiungere le banane, senza sapere perché. Il condizionamento esterno permea un gruppo e nel corso del tempo vi fa penetrare nuove logiche, potrei dire consigli per gli acquisti, ma proprio di ogni tipo!
Il risultato è che non sai più chi sei. Invece di vivere la tua vita consenti ad altri di viverla al posto tuo. Quando parli o quando scrivi, lo fai sempre usando parole e concetti che hai già sentito, in pratica apri bocca e parte un CD, preceduto (quando va bene) da frasi del tipo “ho sentito che”.
Ma le banane ti piacciono?
Indipendentemente dal fatto che dovremmo capire (o ricordarci) cosa vogliamo e cosa ci piace davvero, le ultime 2 o forse 3 generazioni di persone sono nate in un contesto ricco di condizionamenti esterni, messaggi pubblicitari e dispositivi di acquiescenza di matrice totalitaria e dalla portata globale. Il famoso villaggio globale di cui parlava McLuhan è un posto sicuro in cui vivere… forse troppo.
Differenza tra scemo, imbecille, stupido e stronzo
Il deficiente presenta un deficit mentale, quindi gli manca qualcosa a livello cognitivo. L’imbecille è quello che non riesce a mantenersi in equilibrio in senso figurato, perché non trova appoggio. Lo stupido (da stupor) è quello che rimane fermo per lo stupore e quindi non si muove. Non ha un deficit come il deficiente (o scemo), è solo “stupito”. Lo stronzo invece è colui che conosce un tuo limite, ma oltre a non fartelo notare lo utilizza contro di te. Ecco, chiunque si occupi di analisi comportamentale è fondamentalmente uno che studia da “stronzo”, perché ragiona su tutti i modi in cui è possibile generare e registrare comportamenti condivisi. Quando un comportamento è comune, cioè quando un intero gruppo di individui fa la stessa cosa nello stesso modo, è chiaro che c’è un condizionamento alla base. Chi si occupa di analisi comportamentale studia il modo in cui un certo comportamento è nato e si è sviluppato (probabilmente) allo scopo di riprodurne le dinamiche dominanti alla base. Insomma, non farmi ripetere cos’è.
Analisi comportamentale e motori di ricerca
Se ci spostiamo sul terreno digitale, passiamo dall’osservazione dei comportamenti all’analisi dei big data. Lavorando su grandi moli di informazioni, i motori di ricerca adottano logiche di information retrieval basate su modelli classificatori generati mediante analisi probabilistica.
In pratica Google non è progettato per restituirci il contenuto migliore, ma quello che lo è con buona probabilità, perché risponde alle domande degli utenti presentando loro la migliore e più ampia selezione di luoghi comuni espressi “intorno” alla chiave di ricerca. Fishkin ci spiega perché non possiamo più cercare le parole chiave come facevamo 5 anni fa. Il suggerimento di Fishkin lato SEO è partire dagli strumenti classici (keyword planner tool o Google suggest), per poi studiare in profondità le serp risultanti dai primi riscontri. Solo attraverso questo tipo di osservazione, che è proprio l’evoluzione digitale dell’analisi etnografica, e di cui ho scritto parlando di netnografia, possiamo cogliere comportamenti (e significati) condivisi dalle tribù di utenti che si interessano a un dato argomento.
Una volta trovati nuovi topic con l’osservazione diretta dei siti web presenti in serp, puoi inserirli nuovamente (seconda passata) negli strumenti per le parole chiave e vedere se per caso questi non tirano fuori correlazioni nuove. Potrebbe essere una strada per creare contenuti più rispondenti ai comportamenti “registrati” degli utenti.
Se stai cercando un tool che faccia questo lavoro, sono lieto di annunciarti in anteprima l’uscita di Topic research, un esperimento di Semrush che indaga i topic facendo un’analisi approfonditamente trasversale delle serp aperte da una query. Attualmente in alpha, potrebbe essere rilasciato in beta già a dicembre 2017. Le mie prime impressioni sono fantastiche, ma ne parlerò approfonditamente a Milano il 13 novembre durante SMXL.
Come Google valuta i comportamenti
Per anni abbiamo pensato che Google misurasse il gradimento delle pagine web inserendo le metriche di analytics nel computo dei fattori i ranking per il posizionamento. Quest’idea non è funzionale per almeno due motivi, il primo è che Google non può utilizzare tutti quei dati, non ce la farebbe a livello di computazione. Il secondo è che basterebbe non inserire il codice di monitoraggio di Analytics per impedire a Google di valutare un sito web completamente aperto alla scansione. Troppo facile.
Molto spesso dimentichiamo di vedere ciò che abbiamo sotto gli occhi: incidentalmente Google possiede il browser web e il sistema operativo mobile più utilizzati al mondo. Attraverso questi software che (tutti) usiamo ogni giorno, può ricavare qualunque dato comportamentale sulla navigazione, ma non solo. Non credo che Google possa valutare in questo modo ogni cosa, ma sono convinto che vengano effettuati test a campione per capire in ambiti di interesse – quelli da cui Google monetizza maggiormente con AdWords – se i siti web già più meritevoli di avere un buon posizionamento, sono anche funzionali, vale a dire se gli utenti che ci finiscono sopra da Google compiono effettivamente le azioni per cui lo stesso sito web esiste.
Ecco spiegata l’analisi comportamentale per come credo la conduca Google. Sotto questo aspetto un sito web che funziona, cioè un progetto con una buona SEO, buoni percorsi di scansione e navigazione (che non sono sempre la stessa cosa) e sostanzialmente una buona usabilità rispetto agli obiettivi di business, è un progetto che può lanciare segnali positivi al motore di ricerca, in virtù di come il motore riesce a valutare il comportamento degli utenti che navigano le sue pagine.
Tali segnali vengono consolidati da quelli classici, come i backlink e le menzioni da siti esterni, la qualità del testo, la struttura generale etc. La SEO richiede dunque competenze eterogenee perché diventa via via sempre più complessa e multi orientata.