Link Nofollow e SEO, ecco cosa ne penso

by francesco 5.1K views7

Ultimo aggiornamento 8 Marzo 2018

L’eterno dilemma della link building è nel domandarsi se i link nofollow spingano in serp oppure no. La risposta degli esperti è un secco NO. Io esperto non sono, quindi dico Sì, a patto che…

link nofollow
Link Nofollow

Scommetto che te lo sei sempre chiesto, finché non sono arrivati Danilo Petrozzi, Gianluca Fiorelli e Riccardo Mares a illuminarti sulla verità delle cose. Ma i link con attributo (rel) nofollow migliorano il posizionamento organico

Il buon Petrozzi ha condotto (pare) diversi test sull’argomento, riscontrando che il link nofollow non produce alcun miglioramento nel ranking. Come dire che i link nei commenti sui blog, quelli su Facebook, quelli nei forum e in generale tutti i link prodotti mediante piattaforme che consentono l’UGC non aumentano la rilevanza di un documento (o di un sito) web per una data query o per un certo topic. Contenti? E invece no, io non sono convinto che i link nofollow siano del tutto ininfluenti, fosse solo perché se hai un blog con i commenti aperti, sai benissimo che ogni giorno arrivano valanghe di commenti spam con dentro link che qualora approvati avrebbero l’attributo nofollow. Perché gli spammer continuano da anni a lanciare commenti spam automatici nel cosmo?

A questa domanda, Danilo Petrozzi che qualunque cosa possiate pensare è uno che la SEO la studia sul serio, risponde che gli spammer lanciano ondate di commenti contenenti link verso i siti web più disparati, non soltanto verso quelli fatti su wordpress, Joomla o Blogger. Potrebbe sempre capitare di beccare siti web, magari fatti a mano, che non seguono gli standard richiesti da Google che vuole appunto l’attributo Nofollow per i commenti. Ad un controllo successivo del profilo di link in ingresso, gli spammer di cui sopra potranno rilevare nuovo link sena attributo nofollow provenienti da questi siti web, che quindi andranno ad arricchire la lista dei siti web “risorsa per link building”.

Tutto bene, avrei solo da dire due cose: la prima è che nel caso descritto da Danilo parliamo di siti web in aperta violazione delle linee guida di Google, quindi penalizzabili domani mattina, la seconda è che quanto più è facile ottenere un link, meno questo sarà utile (regola aurea della link building). Insomma, a conti fatti continuo a domandarmi quale sia l’utilità di agire in questo modo. Mi dirai che anche i link nei commenti su wordpress sono facili da ottenere… eppure subentra un’altro fatto.

 

Consulente SEO

Per un paio d’anni lavorai al posizionamento di Seogarden sulla chiave Consulente SEO. Sai come ho fatto? Mi svegliavo al mattino e selezionavo blog di colleghi (anche non esattamente SEO) che reputavo validi. Entravo negli articoli e pubblicavo un commento pertinente. Insomma leggevo ciò che scrivevano e partecipavo alle discussioni aggiungendo in firma un link alla mia home con anchor “Francesco Margherita”. Una volta mi pare, sul blog di Mares usai l’anchor “Consulente SEO” e penso mi stia ancora bestemmiando contro da allora. 😀

Lo stesso procedimento fu seguito da un collega italiano famosissimo che non nomino perché mi ha bloccato su facebook, quindi immagino di non stargli troppo simpatico. Lui però probabilmente automatizzò il processo e usò proprio la chiave secca “SEO” come anchor del link nei commenti ottenendo a quel tempo, parlo di 4 – 5 anni fa un ottimo risultato proprio per la chiave SEO.

 

La differenza con i test

Il link nofollow è probabilmente un segnale debole, troppo debole per funzionare da solo. Ecco perché i test “da laboratorio”, asettici, non riescono a dimostrarne l’efficacia in termini di spinta. L’attributo nofollow dice a Google di non seguire la risorsa e Google non la segue.

Se però al link nofollow associ commenti pertinenti su contenuti autorevoli e freschi, se il sito su cui pubblichi è aggiornato e (magari) interessante, anche un link nofollow può essere utile. Non da solo, nel complesso. Quel che mi è sembrato di riscontrare è che i link nofollow hanno un qualche effetto positivo finché sono freschi e pubblicati su articoli “freschi”, quindi nel breve periodo, mentre quelli senza attributo producono risultati più a lungo termine, anche a seconda del sito web da cui arrivano.

 

La mia spiegazione sui link nofollow

L’idea che mi sono fatto ultimamente è che il “segreto del successo” dei link con attibuto nofollow sta nella possibilità che questi portino (tante) visite al tuo sito web direttamente da quello di un altro sito in topic. Pensaci un momento: come credi che Google valuti le visite da referral al tuo sito web, se i referral sono tutti siti web importanti nel tuo stesso settore? Forse è arrivato il momento di lasciar perdere i commenti del tipo “wow, nice post” e dedicarsi a creare il nostro valore, sul sito dei nostri concorrenti. Insomma, se le persone fanno click sul link non è importante che ci sia l’attributo nofollow oppure no, perché il segnale che arriva a Google è comunque forte. In questo senso i link nofollow spingono, senza dubbio!

 

Niente di scientifico quindi

A questo punto il problema serio è far capire quanto scritto nel paragrafo precedente a chi continua ad avere una visione meccanicistica della SEO. Google è un software quindi dovrebbe funzionare facendo fondamentalmente 2 + 2, invece a volte i link nofollow produrranno effetti interessanti, altre volte no, come del resto anche i dati strutturati talvolta producono miglioramenti sul ranking, e talvolta no, quindi se non riesci a viverti questo mestiere accettando che non ci sono attribuzioni di causa effetto nette, forse è meglio fare altro, tipo il professore di matematica al liceo, mestiere utilissimo per tanti motivi.

Ma che dice Francesco, è impazzito? Non più degli ingegneri di Google che affermano serenamente di non capire alcuni meccanismi del funzionamento del motore stesso, chiaro?

Il problema semmai è nel non riuscire a controllare tutte le variabili sociali che possono fare la differenza a partire da un sito web correttamente ottimizzato. Parlare di un Brand autorevole è un conto, definire le sfaccettature del concetto di trust è tutt’altra cosa, quindi penso che dovremmo tutti essere un po’ meno Guru (a Napoli si dice “saputi”) e un po’ più osservatori per prima cosa di noi stessi, in alternativa continuare a sputare sentenze su cosa funziona e cosa no, che magari fa pure personal branding.

🙂