SEO multilingua, quello che le agenzie non dicono

by francesco 0

Ultimo aggiornamento 1 Settembre 2025

Lo dico subito: non sempre ti conviene.
Molti colleghi ti diranno “almeno 4 lingue e via”. È un classico: più lingue = più ore = più fatturato.
Un consulente SEO coscienzioso, invece, è quello che ti dice “no, adesso non farlo” quando i numeri non reggono. Io sono quel tipo di consulente.

seo multilingua
seo multilingua

Procediamo con ordine: prima valutazione, poi checklist, poi roadmap pratica. Senza zucchero a velo.


Prima domanda: ti serve davvero il multilingua?

Vai oltre l’istinto “espandiamoci”. Fai queste verifiche prima di toccare il CMS.

Segnali che indicano che ha senso:

  • Domanda esistente: ricerche organiche e branded da Paesi specifici ≥ 15–20% del traffico totale (o crescita ≥ 5% mese su mese da 3+ mesi).
  • Margini e logistica: puoi spedire, gestire resi, tasse e customer care nel/nei Paesi target in modo profittevole.
  • Catalogo adatto: almeno 70% del catalogo è vendibile senza barriere legali, di certificazione o di garanzia locale.
  • Competitor scopribili: esistono player locali posizionati che dimostrano domanda (SERP popolata = mercato vivo).
  • Budget di mantenimento: non solo setup; puoi coprire traduzioni + QA + link earning + ops per 12 mesi.

Semaforo rosso (rimanda il progetto) se:

  • La domanda estera è “rumore” (poche ricerche generiche, scarse conversioni, tante visite casuali da “curiosi”).
  • Assistenza e resi non sono pronti: ogni lingua aperta senza supporto è un debito operativo.
  • Catalogo non allineato (taglie, voltaggi, normative, ingredienti, schede tecniche).
  • Budget limitato: il multilingua duplica problemi, non li dimezza.
  • Il team non ha owner per locale (nessuno responsabile di contenuti, UX e KPI del Paese).

Regola da giardino: se non hai tempo per innaffiare ogni aiuola, non aprire nuove aiuole. Cresceranno erbacce (traduzioni scadenti, schede incoerenti, link rotti).


Scelte di architettura: pro e contro (senza religione)

  • ccTLD (es. miosito.fr, miosito.de)
    Pro: forte segnale locale, fiducia utente.
    Contro: costi e complessità moltiplicati, link equity fra domini separati.
  • Subdomain (es. fr.miosito.com)
    Pro: separazione chiara, governance flessibile.
    Contro: equity più dispersa, setup DNS/CDN/analytics più verboso.
  • Subfolder (es. miosito.com/fr/) — scelta di default nella maggior parte degli e-commerce
    Pro: equity concentrata, rollout rapido, gestione centralizzata.
    Contro: serve disciplina su routing, hreflang, permessi e cache.

Consiglio operativo: se non hai una ragione forte per separare, parti con subfolder + hreflang ben fatto. Potrai migrare più avanti.


Checklist tecnica (da spuntare sul serio)

1) Localizzazione URL & struttura

  • Percorsi puliti e coerenti per lingua (/en/, /fr/, ecc.)
  • Slug tradotti (niente /it/prodotti/ riciclati in /en/prodotti/)
  • Reindirizzamenti 301 mappati per tutte le versioni linguistiche in caso di migrazioni
  • Language switcher server-side senza parametri di marketing appesi (no /en?ref=it)
  • Evita redirect automatici basati su IP/Accept-Language che bloccano i crawler

2) Hreflang & canonicals

  • Hreflang a coppie complete tra tutte le varianti (in <head> o sitemap XML)
  • Codici ISO corretti (en-GBen-US) e pagine 1:1 equivalenti
  • x-default per la pagina selettore o fallback
  • rel=canonical intra-lingua (mai canonizzare punti vendita diversi tra lingue)
  • Test a campione con validator e log server (status 200, niente 3xx/4xx mascherati)

3) Indicizzazione, crawling, performance

  • Robots e meta tag coerenti per ogni lingua/ambiente
  • Sitemaps per lingua e/o per sezione ad alto turnover (prodotti)
  • Crawl budget: controlla duplicazioni da filtri/facet (parametri, paginazioni, sort)
  • Core Web Vitals monitorati per locale (CDN edge, immagini localizzate)
  • Error handling localizzato (404/410, pagine esaurite con alternative nella stessa lingua)

4) Dati strutturati & segnali locali

  • inLanguage nei markup (Article, Product, FAQPage, HowTo…)
  • Prezzi in valuta locale + priceCurrency corretto
  • Spedizioni/ressi per Paese (offers > shippingDetails ove applicabile)
  • Orari/contatti locali, se esistono (Organization/LocalBusiness per mercato)

5) Analytics & governance

  • Proprietà/stream per vista per lingua/Paese e conversioni localizzate
  • Segmenti “brand by locale” (es. ricerche brand in DE)
  • Tracciamento switch lingua e drop-off durante checkout internazionale
  • Dashboard per KPI per mercato (CR, AOV, CAC organico, refund rate)

Checklist contenuti (il punto dove tutti si fanno male)

6) Traduzione, no: transcreation

  • Glossario brand per lingua (termini vietati/approvati, tono)
  • Unità di misura e taglie localizzate (EU/US/UK)
  • Differenze legali: ingredienti, materiali, certificazioni, etichette
  • Immagini/ALT e microcopy tradotti (bottoni, messaggi d’errore, email post-ordine)

7) Architettura dell’informazione

  • Categorie e filtri allineati alla domanda locale (non tradurre “a specchio”)
  • Sinonimi locali (“sneakers” vs “trainers”, “borsa tote” vs “shopping bag”)
  • FAQ per mercato (pagamento, consegna, resi, garanzie)
  • Contenuti editoriali “market-fit”: guide, comparativi, UGC, recensioni locali

8) Ricerca e concorrenza

  • Keyword research per Paese (no export tradotto di quella italiana)
  • SERP feature per mercato (mappe, shopping, editoriali)
  • Gap di contenuto e link locale (PR digitali nel Paese target)

Costi invisibili (quelli che nessuno racconta)

  • Mantenimento: ogni nuova lingua raddoppia QA, test e supporto.
  • Debito di contenuto: promozioni, prezzi, policy: tutto da replicare.
  • Ops: resi e assistenza in lingua sono KPI, non note a piè di pagina.
  • Link earning: serve reputazione nel Paese target, non basta l’authority italiana.

Metafora rapida: aggiungere lingue è come piantare alberi. L’impianto è la parte facile. L’irrigazione stagionale costa.


Decision tree “go / no-go” (1 minuto, risposta onesta)

Se dici a tutte queste 6, procedi. Se anche una è “no”, rimanda:

  1. C’è domanda organica provata nel Paese target?
  2. Logistica, pagamenti, tassazione e resi sono pronti?
  3. Hai budget per contenuti e link per 12 mesi?
  4. Esiste un owner per quel mercato (non “a tempo perso”)?
  5. Il catalogo è vendibile (norme/taglie/voltaggi/ingredienti OK)?
  6. Hai una roadmap di categorie/URL e un piano di QA i18n?

Errori comuni (e antidoti)

  • Traduzione 1:1 delle categorie → fai market mapping e rinomina dove serve.
  • Hreflang incompleti → cluster simmetrici, nessun orfano.
  • Switch lingua che cambia il carrello → sessioni isolate correttamente.
  • Prezzi/valute non coerenti → regola arrotondamenti e tasse in scheda.
  • Redirect IP aggressivi → offri scelta, non forzare.
  • Contenuti legali copiati → rivedi per normativa locale.

Roadmap operativa in 90 giorni

Giorni 0–30 – Scoperta & design

  • Demand & competitive check per 2–3 Paesi prioritari
  • Scelta architettura (di default: subfolder) e disegno URL
  • Glossario, stile, tassonomia per mercato

Giorni 31–60 – Build

  • Implementazione hreflang + sitemaps per lingua
  • Localizzazione top 100 URL (categorie, best seller, pagine trust)
  • Setup analytics per lingua, tracciamento switch, QA tecnico

Giorni 61–90 – Launch controllato

  • Soft-launch con 1 Paese pilota
  • PR/partnership locali per primi link & menzioni
  • Sprint di QA continuo (log errori, CWV, CRO per checkout locale)

Checklist riassuntiva (stampamela e mettimi in colpa)

Prima di partire

  • Domanda e marginalità validate
  • Architettura scelta con motivazione
  • Owner e budget dedicati per 12 mesi

In implementazione

  • URL locali + switch pulito
  • Hreflang completi + x-default
  • Sitemaps per lingua
  • Dati strutturati con inLanguage
  • CWV e CDN testati per mercato
  • Analytics per lingua & funnel di checkout

Contenuti

  • Transcreation (no traduzioni letterali)
  • FAQ e microcopy locali
  • Immagini/ALT localizzati
  • Editoriali market-fit programmati

Go-live

  • Log monitorati, 404/410 ok
  • Redirect testati
  • PR locali & link earning attivi
  • KPI per mercato in dashboard (CR, AOV, refund)

Conclusione schietta

Il multilingua non è un badge: è un impegno. Se i numeri e l’operatività non sono allineati, aggiungere lingue è come fertilizzare l’asfalto: consumi budget e non cresce niente.

Se invece i segnali ci sono, si parte bene, si parte snelli e si scala con disciplina.


Stai decidendo cosa fare?

Vuoi capire se ti conviene davvero e come farlo senza sprecare budget?
Mi occupo di e-commerce multilingua con approccio data-driven e zero fuffa.

👉 Scrivimi: analizzo domanda, architettura e costi reali, e ti dico cosa fare, anche quando la risposta è “non ancora”.
Seogarden.net – Francesco Margherita | Consulenza SEO per e-commerce multilingua.